Affinché l’intervento per aiutare a smettere di fumare possa essere efficace, è importante identificare quali siano i meccanismi psicologici che soggiacciono al fumare.
Il fumatore accusa un senso di vuoto, spesso una sensazione di disagio avvertita alla bocca dello stomaco, assimilabile anche alla fame. Si può provare anche una irrequietezza, una necessità di muovere le dita delle mani, uno stato di ansia e di mancanza, spesso associato al senso di abbandono.
Il fumatore non sa che questa sintomatologia fa parte tipicamente della piccola crisi di astinenza prodotta dalla sigaretta precedente, circolo vizioso di
dipendenza. Così continua a fumare nella convinzione che questo serva ad abbassare la sua ansia, senza rendersi conto che in realtà fumando si sta preparando la
crisi di astinenza successiva.
Si delinea così uno dei tratti psicologici basilari del fumatore: il senso di mancanza. Il fumatore, e anche l’ex fumatore, pongono l’evidenza su ciò che manca, su ciò che non c’è. “Fumo perché mi manca qualcosa”, ma la sigaretta mi fa sentire maggiormente la mancanza poiché è un cibo che non sfama. Così il fumatore è portato a sentire che senza la sigaretta non potrebbe vivere.
Il fumatore, e il tossicodipendente in genere, espandono l’attenzione sul piacere della sigaretta, cadendo nell’illusione della sua positività essendo incapace di integrare questa illusione con il danno prodotto dalla sostanza tossica.
Questa confusione affonda le sue radici nella primissima infanzia, nella qualità relazionale di Attaccamento madre-bambino.
Ne emerge un inconscio disprezzo per se stessi, un livello basso di autostima, “mi merito pece nei polmoni anziché aria fresca”.
A questo tratto è collegato quello della fuga, della delega, della de-responsabilizzazione: di fronte ad un dolore o ad una problematica una sigaretta produce sollievo, che però è momentaneo, illusorio e costoso. Si tratta quindi di un un sollievo ingannevole, che invece di procurare conforto, danneggia.
La grave problematicità psicologica dei dipendenti è la forzatura dei confini. Spesso sono persone senza capacità di accogliere conoscere e contenere le proprie emozioni e le proprie ansie.
Anzi spesso espandono i problemi, o si mettono alle strette a livello di tempo e di spazio, con il conseguente aumento degli stati di ansia.
In molti casi si riscontra una ricorrente produzione di pensieri ripetitivi, ossessivi e persecutori.
Nella vita affettiva il fumatore ha relazioni di coppia basate sulla di dipendenza. Emerge una disparità relazionale in cui i due componenti della coppia non hanno
una situazione di parità di ruoli e di responsabilità.
L’intervento di sostegno psicologico verte su due fronti:
1)Un lavoro percettivo. Espandere tramite gli esercizi bioenergetici la percezione
fisica determinata dal fumare
• che odore emano dai capelli, dalla pelle, dalla bocca,
quanto il mio olfatto è influenzato dal fumo.
• che sapore mi resta in bocca, che sensazione di irritazione
mi rimanda la mia bocca, quanto sento i sapori
dopo aver fumato.
• sensazione di intossicazione con giramenti di testa,
pesantezza delle gambe, affanno.
2) Un lavoro prettamente emotivo. Entrare in conoscenza, accoglienza, consapevolezza e contenimento delle proprie emozioni
• Integrazione del piacere del fumare con il danno del
fumo.
• Sostituzione di pensieri ricorrenti e ossessivi con pensieri
affettivamente più amorosi.
• Rielaborazione del senso di vuoto, mancanza, abbandono
e sul contenimento di questi stati emotivi.
• Ricerca sul senso della quiete interiore attraverso la
respirazione e gli esercizi bioenergetici.
• Ridistribuzione della responsabilità all’interno della
coppia e sui suoi ruoli.
Questo articolo è stato pubblicato su Medmagazin ed è frutto di attenti studi sulla letteratura esistente. E’ inoltre frutto del confronto con i pazienti polmonari gravi che ringrazio e che ho seguito presso il reparto di Fisiopatologia Respiratoria dell’Ospedale Palagi di Firenze, diretto dal Dr. Walter Castellani a cui porgo i miei più cari ringraziamenti.